Orrore ad Adrianopoli (378) - Ep. 17 (3)
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Eppure fermiamo un attimo i buoi: se Adrianopoli è stata la causa della caduta dell'impero, come mai questo ci ha messo altri 100 anni per cadere? Senza contare che il danno della guerra gotica finora è stato concentrato, sarà banale dirlo, sono nell'oriente: è l'impero d'oriente che è stato saccheggiato nelle sue province balcaniche. È il Comitatus orientale che fa da banchetto ai corvi della Tracia. È l'imperatore d'oriente che è caduto sul campo di battaglia. Come può questo causare la caduta dell'Impero Romano d'occidente, il cui esercito è invitto e ha appena annientato il suo nemico principale, gli Alemanni? Evidentemente la storia non è così lineare e ci saranno ancora diverse giravolte prima di arrivare alla parola fine per l'occidente. Mentre l'impero di Costantinopoli, in una situazione talmente grave il giorno dopo di Adrianopoli, sopravviverà per più di un millennio.
Un altro commento tipico su Adrianopoli è che fosse una sconfitta inevitabile, a causa del terribile stato dell'esercito del tardo impero: spero di aver dimostrato con gli ultimi episodi che così non fu. L'esercito tardoimperiale, dopo le riforme militari iniziate con Gallieno, proseguite con Diocleziano e completate da Costantino, aveva regolarmente battuto tutti i suoi nemici, compresi i Goti. La battaglia di Adrianopoli fu vinta dai Goti per una combinazione fortunata di eventi: un imperatore geloso del collega, delle spie non attente a riportare la consistenza dei nemici, l'inizio inatteso e confuso della battaglia, l'attacco a sorpresa da parte della cavalleria dei Greutungi nel momento peggiore possibile. Basta cambiare uno solo di questi elementi e Valente è vivo e vegeto e festeggia l'ennesima vittoria sui barbari. Inoltre alcuni storici delle arti militari del passato, soprattutto nell'ottocento, hanno sostenuto che Adrianopoli sia lo spartiacque tra il regno del fante antico e quello del cavaliere medioevale: peccato che non sia affatto vero, i Romani già da decenni avevano imparato ad usare la cavalleria che era diventata l'elemento di punta del loro esercito, dopo Adrianopoli è vero che i Goti adotteranno di più la cavalleria, i Tervingi imitando i cugini Greutungi, ma entrambi verranno annichiliti dalla fanteria dei Franchi.
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Una battaglia vissuta come uno spartiacque
Cosa ne pensarono i contemporanei di Adrianopoli? Negli anni dopo la battaglia, in seguito ad altri orrori che colpiranno lo stato Romano nei decenni a venire, molti di loro giungeranno alle stesse conclusioni di storici di secoli dopo: la loro fine, il declino di Roma era davvero iniziato in quella infausta giornata in Tracia. Eppure negli anni immediatamente successivi le nostre fonti sono più ottimiste: Roma non è nuova a questi rovesci. Dice Ammiano: non sono state le armi romane sconfitte a Canne, in una battaglia ancora peggiore? Non hanno i Cimbri e Teutoni invaso perfino l'Italia? Non fecero altrettanto Quadi e Marcomanni sotto Marco Aurelio? Non furono già i romani sconfitti dai Goti ad Abritto? Eppure dopo ognuno di questi disastri, magari non subito, Roma è riuscita a riprendersi e a vendicarsi con i suoi nemici. Perché non ancora una volta con i Goti di Fritigern, Alatheus e Saphrax?
È impossibile sapere se l'opinione pubblica concordasse con Ammiano ma ho la ragionevole certezza che così fu: Roma esisteva da tanti secoli e innumerevoli vite di uomini, tanto che era diventato inconcepibile che sparisse. La cosa interessante è che credo che avessero ragione: con tutti i danni che Adrianopoli causò erano danni riassorbibili con il tempo e gli anni a venire proveranno che il riallineamento era già in corso prima che nuovi disastri intervenissero ad interrompere la ripresa.
La vera importanza di Adrianopoli
Se dunque Adrianopoli non è stata la causa della fine dell'impero o l'avvento dell'era della cavalleria, perché è importante? Paradossalmente lo è a mio avviso per ragioni completamente diverse dalle ovvie e che andremo ad analizzare nei prossimi episodi: ad esempio la morte dell'imperatore Ariano, talmente spettacolare, avrà un formidabile risvolto religioso.
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Ancora più importante sarà l'impatto psicologico sui Romani, che per la prima volta dubiteranno di poter battere i Goti, portandoli a rivedere politiche e abitudini radicate nei secoli. Abritto, più di 100 anni prima, aveva inaugurato un periodo nero nella storia dell'impero che aveva rischiato di scomparire nel pattume della storia. Con uno sforzo sovrumano i Romani erano riusciti a riportare in auge l'edificio imperiale, più o meno intatto. Questa volta non saranno altrettanto abili o fortunati. La necessità ultima di trovare un accomodamento con i barbari porterà l'impero a cambiare in modo fondamentale la sua politica con i popoli immigrati, con conseguenze di lungo periodo. Tutto questo è però di là da venire ed inestricabilmente legato alla prossima grande figura di imperatore che dovremo trattare.
Perché Graziano, oramai a poche centinaia di chilometri dalla mattanza di Adrianopoli, capirà in breve tempo di non avere la forza e le qualità necessarie per gestire la crisi. Nell'ora più nera farà ricorso ad una spada accantonata che ora riposa in Spagna, rimuginando sull'uccisione di suo padre. Presto per il nostro soldato sarà il tempo di riprendere la spada e andare a combattere quella che tutti chiamano oramai la guerra Gotica. Teodosio il giovane, figlio del conte Teodosio, risponderà alla chiamata del suo imperatore e del destino.
Epilogo: addio ad un amico
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L'avvento di Teodosio, l'imperatore sotto il quale Ammiano Marcellino scrisse la sua storia, ha l'effetto indiretto di far posare la penna al nostro storico. Scrivere del passato recente era già pericoloso, Ammiano andò vicino diverse volte a criticare in particolare la politica religiosa di Teodosio nei suoi scritti, ma scrivere dell'imperatore regnante richiedeva o la disonestà intellettuale di scrivere un panegirico senza obiettivi di rilevanza storica o istinti di natura suicida se si voleva criticare apertamente l'imperatore. Più prudentemente il nostro poggia la penna con fare malinconico, scrivendo “ho esposto questi avvenimenti nei limiti delle mie forze, come può farlo un vecchio soldato ed un greco che scriva in latino. Né ho mai osato di affermare coscientemente il falso, almeno così credo, tacendo o mentendo in un'opera che ha per fine la verità. Scrittori più abili e colti, e nel fiore degli anni, scrivano ciò che resta”.
Prima di salutare il nostro storico voglio dire alcune parole su di lui: Ammiano è stato per me una piacevolissima scoperta: la sua opera è un'opera fresca, di un testimone spesso oculare e attento, un uomo educato senza essere lezioso, un uomo attento e sensibile a quello che avveniva nel suo tempo. Un Siriaco di nascita, madrelingua greco e Romano nello spirito fino alla punta dei capelli: per rappresentare la sintesi operata da Roma di tutto il mediterraneo in una unica civiltà non c'è persona migliore di questa figura di soldato intellettuale pagano che non odiava i cristiani, un soldato che capiva di politica e di storia. Le sue storie non avranno la raffinatezza scientifica di un Tucidide o lo stile sublime di un Livio o il mordente di un Tacito, ma hanno una buona dose di tutto questo oltre che dello spirito di avventura e scoperta di un Erodoto. Per questo motivo sono a mio avviso la più bella opera storica in latino di tutta l'antichità. Non posso suggerire più caldamente la lettura. Mi mancherai, amico mio, ora che mi toccherà utilizzare storici di assai minor pregio per gli anni a venire. In questi mesi mi pare di aver imparato a conoscerti: grazie dal profondo del mio cuore per la finestra che hai aperto sul tuo mondo.